Ma perché mio figlio non mi sopporta?
Perché fa così?
Non mi deve mancare di rispetto!
Ho sbagliato tutto. Non sono riuscito ad insegnargli niente…
A quanti genitori capita o è capitato di pensare o pronunciare frasi del genere? Sicuramente a tantissimi, se non a tutti.
L’aggressività dei propri figli, sia essa verbale o fisica, preoccupa e spaventa, perché ci mette di fronte ai nostri limiti e alle nostre paure, facendoci dubitare delle strategie messe in atto in passato e immaginare scenari plumbei per il futuro.
Il comportamento apertamente ostile ed aggressivo si evidenzia con chiarezza, nella maggior parte dei casi, in adolescenza (benché sia possibile osservarlo anche in età infantile) e desta generalmente, e a mio avviso erroneamente, più allarme rispetto allo scivolamento graduale nel silenzio (l’altra forma di cambiamento comunicativo tipico di questa fase di crescita).
Ma perché proprio in adolescenza la maggior parte dei ragazzi e delle ragazze “cambiano” stile comportamentale e relazionale all’interno della famiglia, tanto da spiazzare completamente i loro genitori?
È fondamentale, innanzitutto, capire che in questa fase di vita il corpo e la psiche del ragazzo/a cambia profondamente, così come l’immagine di sé.
Ci si inizia a sperimentare in un “involucro” che non si riconosce più come proprio e che da sensazioni e manda segnali ancora difficili da interpretare e decodificare, perché nuovi e sconosciuti.
È anche il momento in cui si comincia a guardarsi intorno e “fuori dal nido”, con crescente importanza ed interesse per il gruppo dei coetanei, piuttosto che il contesto familiare.
Tenuto conto di queste premesse, appare così già meno assurdo il fatto che l’adolescente possa mostrare atteggiamenti contraddittori ed imprevedibili, verso sé e gli altri, dato che queste nuove sensazioni, ancora difficilmente collocabili e “pensabili” all’interno di sé, possono più facilmente essere rivolte verso l’esterno.
Inoltre, la scoperta di nuove parti di sé (fisiche, psicologiche ecc.) può non essere piacevole e spesso l’aggressività serve ad esprimere questo disagio interiore e la propria fragilità.
Il fatto, come abbiamo accennato precedentemente, che il figlio/a inizi in questo periodo a guardare fuori casa e a manifestare un crescente bisogno d’indipendenza presuppone un adeguamento, da parte di tutto il sistema familiare, del sistema delle regole condivise al nuovo assetto che si va prospettando.
Sebbene sia naturale che per un genitore i propri figli siano sempre bambini da proteggere, è altrettanto chiaro che essi si avviino a diventare degli individui autonomi, con i loro bisogni di privacy ed indipendenza.
È importante quindi che la coppia di genitori riesca a definire poche ma chiare regole, condivise e presentate da entrambi (ed è cruciale che questo avvenga anche nel caso di genitori separati, dato che si può anche smettere di essere coppia, ma non si smette mai di essere genitori).
Queste regole, che non sono comandi arbitrari dettati dall’emotività o dal bisogno di riaffermare la propria autorità, dovrebbero stabilire un graduale aumento di libertà di scelta e autonomia per i figli, accompagnato dall’assunzione di responsabilità e delle conseguenze delle proprie azioni.
È utile, quindi, partire dal presupposto che un figlio non potrà mai essere perfetto, come non può esserlo nessuno di noi, ma che è un individuo con le proprie caratteristiche, risorse e vulnerabilità, diverso e separato da noi, con un giusto bisogno di privacy e rispetto.
Un atteggiamento chiaro, coerente e condiviso è sicuramente più funzionale rispetto sia ad un’impostazione autoritaria, che porta solo ad un maggiore distacco, che rispetto ad un’eccessiva indulgenza, che lascia l’adolescente in balia di sé stesso, senza la fondamentale presenza contenitiva e di guida dell’adulto.
Riguardo il tema dell’aggressività manifesta, è importante ricordare che essa va contestualizzata rispetto all’età e alla fase del ciclo di crescita che il figlio/a sta affrontando.
In alcune frangenti l’acting out (la modalità di espressione dei propri vissuti e conflitti emotivi attraverso l’azione, piuttosto che con il linguaggio) è più frequente e non necessariamente preoccupante: si pensi, ad esempio, alla condizione di smarrimento fisico e psichico dell’adolescente descritta precedentemente (il corpo in cambiamento diventa il centro del proprio vissuto ed il principale veicolo di comunicazione).
Ma se queste condotte aggressive, siano esse verbali e/o fisiche, diventano la principale modalità di scambio tra figli e genitori, è importante ascoltare il campanello di allarme che rappresentano.
In questi casi, l’intervento sistemico-relazionale sul sistema familiare è particolarmente efficace.
In questo assetto, l’obiettivo della terapia familiare è di incoraggiare sia i figli che i genitori ad adottare modalità interattive pro-sociali, basate sull’ascolto reciproco e sull’espressione delle emozioni, sulla chiara definizione dei ruoli e delle responsabilità, sull’accettazione e la comprensione dei rispettivi punti di vista, senza “patologizzare” un singolo membro del sistema familiare, ma lavorando sui bisogni, le aspettative e le risorse di tutti.