I videogame rappresentano da più di trent’anni uno dei principali veicoli di svago ed intrattenimento per bambini, adolescenti ed una fascia sempre maggiore di adulti.
Negli anni abbiamo assistito alla sempre maggiore diffusione, su scala mondiale, della modalità on line, che permette ai giocatori di collaborare, comunicare e sfidarsi con una platea potenzialmente infinita di altre persone provenienti da ogni parte del mondo, aumentando a dismisura la longevità del gioco, che tradizionalmente si esauriva nell’arco di poche ore. Giochi come Fortnite, Overwatch o League of Legends impegnano milioni di giocatori ogni mese e centinaia di migliaia di persone ogni ora.
La prima e fondamentale peculiarità di questo genere di giochi è proprio la possibilità di sfidare persone vere, piuttosto che avversari creati da uno sviluppatore.
Questo aggiunge all’esperienza quel senso di profondità, confronto e sfida difficilmente riscontrabile nei videogiochi di vecchia generazione.
Aggiungiamo che i giochi on line sono in continua evoluzione: periodicamente vengono aggiunti nuovi livelli, armature, armi e sfide che tengono l’interesse dei gamers sempre alto.
Non è da sottovalutare l’azione di rinforzo di Youtuber e Influencer, che basano la loro attività, ed il loro guadagno, proprio sulle migliaia di visualizzazioni di filmati sui Social, magari mentre sono impegnati a giocare ai videogame di cui stiamo parlando. Tutto questo, unito alla possibilità di creare e modellare a piacimento il personaggio che si va ad utilizzare (l’Avatar), rende chiara la potenzialità immersiva e totalizzante di questo genere di giochi.
Nella nostra attività clinica capita sempre più di frequente di essere contattati da genitori molto preoccupati, se non disperati, riguardo alla “dipendenza da videogiochi” dei loro figli, che sembrerebbero incapaci di rinunciare a trascorrere molte ore al giorno immersi nel loro gioco preferito, sacrificando aspetti rilevanti delle loro vite, come lo studio o i rapporti relazionali con persone in carne ed ossa.
Di questo fenomeno si è accorta anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha inserito la dipendenza da videogiochi nell’aggiornamento all’International Classification of Diseases, l’elenco mondiale delle malattie.
Gli aspetti principali di questa condizione sono:
Riteniamo però importante sottolineare che l’uso dei videogame non è di per sé pericoloso o dannoso, ma che può anzi favorire lo sviluppo di importanti abilità di ragionamento, problem solving e della coordinazione oculo-motoria.
Anche la possibilità di cimentarsi in partite on line ha molti aspetti positivi, come il permettere a ragazzi di giocare con amici non fisicamente vicini o il rapportarsi e comunicare con rispetto con gli altri, nonché ad imparare a tollerare frustrazioni e sconfitte.
Come abbiamo visto, la questione della dipendenza da videogame non è necessariamente un problema legato solo al numero delle ore che si passano a giocare, ma piuttosto all’insorgere di quell’insieme di sconvolgimenti comportamentali e relazionali che abbiamo elencato in precedenza ed è importante tener presente che questi sconvolgimenti possono anche essere il sintomo di un disagio più generale, che trova uno sfogo nel dedicarsi in maniera continuativa ad una vita virtuale.
È fondamentale, in questi casi, che i genitori facciano sentire la loro presenza ai figli in maniera accogliente, attiva ed interessata, sia riguardo ai contenuti dei videogiochi, che rispetto a tutti gli altri aspetti della loro vita.
Non è utile demonizzare i videogame, ma piuttosto favorirne un uso adeguato, ad esempio mediante l’attuazione di regole chiare, condivise e concordate riguardo a tempi e modalità.
Sconsigliamo di agire impulsivamente, ad esempio staccando la spina alla consolle o “sequestrando” il gioco, dato che questi comportamenti innescano principalmente reazioni rabbiose e conflittuali, andando a minare il rapporto di fiducia tra genitori e figli, mentre è sicuramente molto più utile proporre attività ricreative e di svago alternative, adeguate alla loro età e ai loro interessi.
L’intervento psicologico può aiutare la famiglia a mettere meglio a fuoco i motivi di un eventuale uso smodato dei videogiochi e, soprattutto, i bisogni inascoltati che possono esserne la base, per favorire una maggiore e più limpida comunicazione tra i membri e l’individuazione di attività più sane e gratificanti.