Spesso la coppia in crisi fatica a richiedere un aiuto esplicito in termini di intervento psicoterapeutico di coppia con l’obiettivo di una crescita personale. Solitamente le richieste appaiono infatti o sotto forma di “terapia di coppia camuffata”, nei casi in cui la domanda è per la problematica espressa da un figlio, o quando lo scenario di coppia è già precipitato in toni fortemente drammatici, come ad esempio nei casi di separazione ostile, per i quali poi viene intrapresa una mediazione familiare.
Le terapie di coppia camuffate ci svelano ad esempio quanto i disturbi infantili siano spesso in funzione dei bisogni emotivi del sistema familiare. Questi sintomi forniscono l’occasione per una rivalutazione dell’intero assetto relazionale della famiglia: nel corso della terapia è infatti possibile ridefinirne gli obiettivi, favorendo un processo trasformativo individuale dei due partner.
Tale reticenza delle coppie nel fare una richiesta di aiuto per se stessa e in circostanze non eccessivamente tragiche si fonda sul concetto dell’autoinganno e sull’esistenza di doppi legami volti a una protettività reciproca fra partner.
Nella formazione della coppia si incontrano due sistemi familiari di appartenenza che interagiscono fra loro attraverso un vincolo culturale che si struttura tramite la negoziazione di proprie regole di convivenza. Esiste anche un altro vincolo, di tipo biologico, antitetico a quello precedente, quello di filiazione, che connette i coniugi con i propri genitori e con i figli che potranno avere.
Possono sussistere diverse problematiche della coppia con la famiglia d’origine, che solitamente riguardano problemi di passaggio incompleto del ciclo vitale. I membri della coppia sono infatti caratterizzati da risposte emotive dissonanti rispetto alla fase del ciclo vitale in cui si trovano tali da far propendere per uno svincolo apparente o una transizione incompleta nel passaggio da una fase all’altra. L’avvicinarsi dei figli a quella fase irrisolta dai membri della coppia riattiva nei genitori l’attualità di tale passaggio non superato con la riemersione dei problemi che erano rimasti temporaneamente congelati.
La rottura apparente del legame con la famiglia d’origine attraverso il distanziamento geografico o emotivo, con l’illusione della conquista dell’indipendenza che cela al contrario un disperato bisogno di appartenenza, crea una pericolosa minaccia al legame e espone il soggetto al rischio di una coazione a ripetere del taglio anche nella famiglia nucleare.
L’ingerenza reale o temuta della famiglia d’origine parla dell’incapacità della coppia di difendere il proprio spazio di appartenenza con una definizione poco chiara dei confini e può divenire motivo di insoddisfazione per i partner.
Possono essere di diversa natura, ad esempio quando le aspettative e i comportamenti dei membri della famiglia d’origine alterano l’intesa di coppia, oppure nel caso della triangolazione con la famiglia acquisita in sui si realizzano due fronti di scontro rappresentati dal partner e dalla famiglia acquisita.
Per quanto concerne la terapia di coppia intergenerazionale esistono molteplici proposte di intervento.
La convocazione della famiglia d’origine in terapia di coppia si fonda proprio sulla necessità di “ritornare per partire meglio”: ogni partner necessita di avere l’opportunità di attingere a quella energia che in passato è stata utilizzata male e che ha dato forma a un blocco transgenerazionale. Il terapeuta si pone in questo caso come facilitatore, capace di attivare quegli elementi auto terapeutici di cui sono portatori tutti i sistemi familiari, con l’obiettivo di rafforzare i vincoli di solidarietà e di ricostruire una realtà condivisa.
I fattori che giustificano un intervento multi generazionale sono:
Nella società contemporanea, che inneggia all’autorealizzazione di sé e alla ricerca della felicità come desiderio prioritario della “me generation”, è in corso una perdita del valore del patto dichiarato, poiché tale vincolo presuppone la presenza di doveri e obblighi reciproci, in favore del patto privato che si nutre esclusivamente della libertà di scelta e dell’affetto reciproco e non prevede la testimonianza a terzi dell’assunzione del legame.
Di fatto i fallimenti dell’incastro di coppia non necessariamente sfociano nel divorzio, anzi spesso si incistano in situazioni di stallo a causa di una incapacità di tollerare il fallimento e la fuoriuscita dal legame.
Ne consegue che solo un numero limitato di coppie riescono a mantenere un equilibrio e una sintonia fra patto segreto praticabile e patto dichiarato assunto. Sono quelle coppie in cui, attraverso l’incontro, sono soddisfatti i bisogni affettivi reciproci e che sono capaci di riformulare il patto seguendo i mutamenti dei bisogni relazionali nel corso della vita. I partner formulano un progetto concreto di vita in comune e si impegnano alla sua realizzazione.
L’obiettivo della transizione che conduce alla separazione della coppia è quello di riconoscere la fine del rapporto e la delusione per la frattura e di ricercare quello che il patto ha dato ai partner rilanciando la fede e la speranza nel legame e la salvaguardia nel legame tra le generazioni. I figli, pur essendo passati attraverso vicende ad alto impatto emotivo seguite alla rottura del matrimonio dei genitori, alla lunga devono poter riconoscere, nonostante tutto, di aver rappresentato il centro dell’attenzione e delle cure dei loro genitori.
L’intervento della mediazione familiare nei casi di separazione o di divorzio consente di affrontare i problemi concreti (divisone dei beni, affidamento dei minori, assegnazione della casa coniugale, accordi sui periodi di visita, determinazione delle contribuzioni a favore del coniuge o della prole) con l’obiettivo di tratteggiare un accordo di massima che deve poi essere perfezionato con i rispettivi legali.
Per quanto la mediazione si discosti dalla psicoterapia, essa prevede comunque un implicito livello terapeutico: il ripercorrere la propria storia di coppia e le circostanze dell’insorgenza della crisi permettono di riappropriarsi del legame con la propria storia per mantenere il sottosistema genitoriale e conservare il legame con le famiglie estese.
La famiglia postmoderna non coincide più con la sua definizione normativa, nello specifico quando si parla di “famiglia ricostituita o allargata o ricomposta o aperta” si intendono quei nuclei composti dai partner con un’esperienza matrimoniale alle spalle e dai figli nati dalla prima e dalla seconda unione. Gli elementi della scelta e dalla complessità sono centrali in questo tipo di formazione familiare, poiché al suo interno non sussistono quei legami biologici che uniscono le persone e non ci sono regole date dall’appartenenza alla stessa storia condivisa.
Queste famiglie hanno confini variabili, possono indurre a una confusione di ruoli e comportano, in modo particolare nei primi anni di formazione, una delicatissima riorganizzazione familiare. La ricchezza di queste famiglie è data dalla variegata possibilità di confronto con modelli di riferimento diversi e di scelta della propria appartenenza.